Su Repubblica.it lo speciale sul referendum, con le posizione del Sì e del No e i punti della riforma costituzionale su cui saremo chiamati a votare il 4 dicembre prossimo.
Articoli de "la Repubblica di Lavinia Rivara".

7. Articolo  72. Le leggi di programma.
Entro 85 giorni al massimo, il Parlamento dovrà discuterle e votarle. Una corsia veloce per il governo.
Il governo avrà una corsia preferenziale in Parlamento per quelle leggi che ritiene essenziali alla realizzazione del suo programma. Questo, tecnicamente, è l’unico nuovo potere che la riforma Boschi attribuisce all’esecutivo. Una volta presentata la richiesta la Camera ha 5 giorni per mettere in calendario il ddl e arrivare poi ad una pronuncia definitiva entro 70 giorni, allungabili a 85. Comprendendo però anche l’eventuale parere del Senato che, se vorrà, dovrà esaminare il testo del governo in 20 giorni in tutto, la metà rispetto alle altre leggi. Si tratta di un altro procedimento legislativo, il quinto, (“voto a data certa”), da cui sono escluse leggi bicamerali, di bilancio, trattati, amnistia, indulto.
Per il resto il nuovo articolo 72 conferma il ruolo delle commissioni parlamentari, nonché la possibilità che votino provvedimenti in sede deliberante (senza passare per l’aula), ma quelle del Senato non avranno l’obbligo di rispecchiare nella composizione la proporzione dei gruppi parlamentari, visto che non si sa ancora come sarà articolato Palazzo Madama.
Perché SÌ - Vincenzo Lippolis - docente di Diritto pubblico comparato all’Università Studi internazionali di Roma
“Meno decreti anche Spadolini lo proponeva. Giusto che il premier possa realizzare il suo programma in tempi certi, ma non si tratta di una imposizione”.
La creazione di una corsia preferenziale in Parlamento per i provvedimenti di programma del governo non rafforza eccessivamente i poteri dell’esecutivo professor Vincenzo Lippolis?
«L’idea risale addirittura al governo Spadolini del 1982 e risponde alla logica del moderno regime parlamentare nel quale il motore dell’indirizzo politico è il governo. È corretto consentirgli di poter attuare il suo programma legislativo in tempi prevedibili. Per altro verso, la procedura non può essere utilizzata per le leggi bicamerali e altre di particolare rilevanza, come quelle elettorali. Non vi è una imposizione del governo perché l’applicazione della procedura deve essere votata dalla Camera ».
La Camera deve votare definitivamente il ddl governativo entro 70 giorni, comprensivi dell’eventuale discussione del Senato, prevista in tempi dimezzati. Non si rischia così di soffocare la discussione parlamentare?
«È un termine di poco superiore a quello di 60 giorni entro cui devono essere convertiti in legge i decreti. Una delle finalità è, infatti, quella di ridurre l’eccessivo ricorso ai decreti. Si deve tener conto che per disegni di legge particolarmente complessi, il termine finale può essere differito fino ad un massimo di 15 giorni. Si giunge così a 85 giorni, quasi tre mesi. Non poco per un esame approfondito, tenendo conto dei ridotti poteri legislativi del Senato. La procedura troverà una maggiore definizione nel regolamento della Camera che è chiamato a stabilirne “modalità e limiti” e quindi a garantire una corretta dialettica parlamentare».
Le commissioni del Senato, e lo stessa assemblea, non saranno più articolate in base all’appartenenza a schieramenti politici?
«Il Senato non voterà più la fiducia e quindi al suo interno non si formerà più una contrapposizione tra maggioranza e opposizione il cui equilibrio debba essere garantito all’interno delle commissioni. Ciò non esclude la persistenza di divisioni politiche».
Perché NO - Massimo Villone, professore emerito di diritto costituzionale alla Università di Napoli Federico II.
“Così l’esecutivo rende subalterno il Parlamento. Nella migliore delle ipotesi il nuovo Senato sarà luogo di interessi particolari ed egoismi territoriali”
È da tempo che le Camere cercano di introdurre nei regolamenti la corsia preferenziale per i ddl più importanti del governo. Con la riforma la novità entra direttamente in Costituzione. Non le sembra positivo professor Massimo Villone?
«No. Mettere in Costituzione il voto a data certa per le leggi consegna al governo in via permanente il controllo dell’agenda e dei lavori parlamentari, rendendo il Parlamento subalterno, per di più quando se ne riduce la rappresentatività con un Senato non elettivo. Inoltre, crea una rigidità che riduce la capacità del Parlamento di rimanere aderente al sistema politico».
Il voto a data certa dovrebbe ridurre la necessità di decreti e fiducie, strumenti molto abusati finora dagli esecutivi. Non è la mossa giusta?
«No. Si evitano forse decreti e fiducie, ma si mette la mordacchia al Parlamento in altro modo. Una legge pur contestata come il Lodo Alfano sull’immunità per i potenti, è stata approvata in tre settimane tra Camera e Senato. Senza bisogno del voto a data certa che, paradossalmente avrebbe chiesto tempi maggiori. Oggi un governo con una maggioranza coesa può senza dubbio dettare scelte e tempi. Ma con il voto a data certa si vuole normalizzare la maggioranza di governo, marginalizzando il dissenso. In parallelo, con la clausola di supremazia nel Titolo V si normalizzano le comunità locali. È la “democrazia decidente” del Sì».
Al Senato assemblea e commissioni non dovranno più rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Come si articolerà Palazzo Madama?
«I consigli regionali sono eletti con sistemi maggioritari. Assegneranno i senatori in prevalenza alle forze vincenti nel territorio, spesso con l’apporto di liste locali o civiche di ambigua identità politica. I senatori non avranno vincolo di mandato, diversamente dal Bundesrat tedesco. Avranno invece le prerogative dei parlamentari per arresti, perquisizioni, intercettazioni. Nella migliore delle ipotesi, una simile assemblea sarà luogo di interessi particolari e di egoismi territoriali.
 

Testo vigente

Testo modificato

Art. 72

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Ogni disegno di legge di cui all’articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

 

Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in tal modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

Possono altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, e per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.

 

Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70.

 

Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito, di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge.

 
8. Articoli 78, 79 e 82. Il giudizio preventivo della Consulta
Tutti i sistemi, anche l’Italicum, al vaglio prima del loro utilizzo. Un timbro doc sulle leggi elettorali
Su Repubblica.it lo speciale sul referendum del 4 dicembre prossimo, con le posizioni del SÌ e del NO e i punti della riforma costituzionale
SCONGIURARE un nuovo caso Porcellum ed avere l’ok della Corte Costituzionale su ogni sistema elettorale prima di utilizzarlo, Italicum compreso. La riforma introduce infatti all’articolo 73 della Costituzione la possibilità di un giudizio preventivo della Consulta sulle leggi elettorali di Camera e Senato. Per farlo scattare prima della promulgazione basterà il ricorso, entro 10 giorni dall’approvazione del testo, di una minoranza: un terzo dei senatori o un quarto dei deputati. La Corte avrà poi 30 giorni di tempo per emettere il suo verdetto e se dovesse essere negativo la legge non potrà entrare in vigore. La novità ricalca procedure esistenti in altri sistemi bicamerali europei, che consentono alle minoranze di ottenere un controllo di costituzionalità s diversi provvedimenti.
Le norme transitorie della riforma consentono il vaglio preventivo anche sui ddl approvati in questa legislatura, quindi anche sull’Italicum. Che però in realtà è già finito davanti alla Consulta, grazie ai ricorsi che il “Coordinamento democrazia costituzionale” ha presentato in molti tribunali italiani che, a loro volta, hanno rinviato la questione alla Corte. La sentenza è attesa dopo il referendum.
Gli articoli 78, 79 e 82 attribuiscono alla sola Camera, in conseguenza della fine del bicameralismo, il potere di deliberare lo stato di guerra, approvare amnistie e indulti e di aprire inchieste parlamentari su materie di interesse pubblico. Il Senato potrà farlo solo su questioni relative alle autonomie territoriali
Perché SÌ - Salvatore Vassallo - Professore ordinario di Scienza Politica alla università di Bologna, è stato anche deputato del Pd.
 “Mai più possibili colpi di mano come il Porcellum. Se ha dei vizi sarà corretto dalla Corte, quindi sbaglia chi dice che il 4 dicembre si vota su quella legge”
Da dove nasce, professor Vassallo, l’idea di un giudizio preventivo della Consulta sulle leggi elettorali, Italicum compreso, affidato alla richiesta di minoranze?
«Come in altri casi, esattamente al contrario di quanto sostengono i critici, la riforma adegua la Costituzione all’esperienza per proteggere l’istituzione parlamentare, rafforzando le garanzie contro gli eventuali abusi della maggioranza. La norma eviterà sia il rischio di un colpo di mano, come quello con cui Berlusconi, Fini e Calderoli cambiarono maldestramente la legge elettorale nel 2005 a loro uso e consumo, sia il rischio che la Corte intervenga troppo tempo dopo. Questa, inoltre, è la prova definitiva di quanto sia scorretta la tesi secondo cui il 4 dicembre i cittadini dovrebbero esprimersi pro o contro l’Italicum. Se la legge elettorale avesse vizi di costituzionalità verrebbe comunque corretta prima di essere applicato. E se domani la maggioranza volesse cambiarla, potrebbe farlo, sotto il vincolo delle medesime garanzie».
Il giudizio preventivo varrà anche per leggi correlate ai sistemi elettorali, ad esempio i rimborsi e la par condicio?
«Non sono certo che sarebbe tecnicamente corretta questa estensione, anche se è plausibile, considerando l’atteggiamento generale della Corte. Rappresenterebbe in ogni caso un ulteriore elemento anti-maggioritario, di garanzia per le minoranze».
Il Senato potrà aprire inchieste parlamentari solo su temi relativi alle autonomie territoriali. Non è una limitazione eccessiva dei suoi poteri di controllo?
«Il Senato avrà funzioni legislative e di controllo ridotte, in linea con la sua nuova natura di camera delle autonomie. Ma è molto più importante la nuova prerogativa di valutare le politiche pubbliche, l’attività delle pubbliche amministrazioni e l’impatto delle politiche dell’Ue sui territori».
Perché NO - Giuseppe Ugo Rescigno - Professore emerito di Istituzioni di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma
 “Persa l’occasione per fissare i principi dei sistemi di voto. Un senato mostriciattolo. La sua composizione ne fa un organismo senza senso e il potere di inchiesta limitato potrà creare controversie”.
Il giudizio preventivo della Corte eviterà che bocciature a posteriori di leggi elettorali mettano in discussione la legittimità del Parlamento. Non le sembra positivo professor Rescigno?
«Premesso che il mio no complessivo non dipende, se non in minima parte, dal giudizio su queste disposizioni, è vero che si è rivelato necessario introdurre eccezionalmente un vaglio preventivo di legittimità costituzionale; nello stesso tempo emergono anche in questo caso improvvisazioni e lacune. La principale sta nel dare alla Corte un potere così grande senza scrivere in Costituzione, con parole chiare, i principi ai quali le leggi elettorali debbono attenersi».
Questo non è un rafforzamento delle prerogative delle minoranze?
«La constatazione che le minoranze parlamentari ottengono un potere di controllo non toglie nulla alla critica prima enunciata. Inoltre, posto che nella logica del nuovo articolo 73 la sentenza della Corte deve essere unica e definitiva, i cittadini non hanno alcuna possibilità di ricorrere contro le leggi elettorali».
Inchieste parlamentari, amnistia e indulto, dichiarazione di guerra spetteranno alla sola Camera. Vede dei rischi in questo?
«Dato il progetto, è in parte inevitabile. Però, per amnistia e indulto questa poteva essere l’occasione per rimediare allo sconcio demagogico per cui questa legge deve essere approvata con la maggioranza dei due terzi. Inoltre l’esperienza ha reso evidente che oggi vengono condotte guerre ufficialmente chiamate con altro nome: è significativo che tra tante cose si sia dimenticata proprio questa. Quanto alle commissioni di inchiesta non condivido la limitazione del Senato a materie “concernenti le autonomie locali”, perché o la norma rimarrà inerte (data la composizione del Senato che ne fa un mostriciattolo senza senso: è la ragione principale del mio no) oppure darà luogo a controversie».
 

Testo vigente

Testo modificato

Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari.

Art. 79

L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.

L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera dei deputati, in ogni suo articolo e nella votazione finale.

La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.

Identico

In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.

Identico

Art. 80

Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.

La Camera dei deputati autorizza con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. Le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sono approvate da entrambe le Camere.

Art. 81

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Identico

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione della Camera dei deputati adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Identico

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

La Camera dei deputati ogni anno approva con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Identico

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.

Art. 82

Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.

A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della autorità giudiziaria.

A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d‘inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

 
9.Art. 74-77. La proroga per il rinvio alle Camere.
Altri 30 giorni dopo lo stop del Colle. I limiti in Costituzione. I decreti e i poteri
del Quirinale.
Il presidente della Repubblica conserva il potere di rinviare alle Camere le leggi per una nuova deliberazione. Ma nel caso di rinvio di un decreto la riforma (articolo 74) introduce una proroga di 30 giorni al Parlamento per la conversione in legge del testo, oltre ai 60 già previsti. Il governo avrà così una chance in più, eliminando il rischio di decadenza del decreto in caso di rinvio del Colle a ridosso del sessantesimo giorno. Ma in tal modo il capo dello Stato potrà esercitare il suo potere di rinvio senza remore nel caso, frequente, che il testo da promulgare gli arrivi poco prima del 60° giorno. La riforma poi introduce in Costituzione i limiti ai decreti fissati ora dalla legge. Dunque non potranno riguardare materia costituzionale, elettorale (salvo l’organizzazione delle elezioni), deleghe legislative, trattati, bilanci. Mentre dovranno regolare solo materie specifiche, omogenee, di immediata applicazione. Dunque stop ai decreti-mancia e milleproroghe: il Parlamento non potrà più inserire emendamenti estranei alla materia. I decreti potranno seguire il procedimento bicamerale o monocamerale, a seconda delle materie.
Perché SÌ - Tommaso Edoardo Frosini, professore di Diritto pubblico comparato alla università Suor Orsola Benincasa di Napoli
 “Il capo dello Stato eserciterà meglio il suo controllo. L’inserimento nella Carta dei vincoli alla decretazione scongiurerà il rischio di assalti alla diligenza”
La proroga di 30 giorni per la conversione dei decreti in caso di rinvio del Quirinale non è un modo per agevolare il governo, professor Tommaso Frosini?
«Anche se fosse così non ci vedrei nulla di male: non si tratta di agevolare il governo, quasi come fosse un favore nei confronti di quest’ultimo, ma piuttosto di permettere la correzione di eventuali vizi riscontrati dal Presidente della Repubblica. Il quale può finalmente esercitare un controllo più penetrante sul rispetto dei limiti costituzionali del decreto legge e della legge di conversione, senza doversi assumere la responsabilità di far decadere il decreto».
I limiti ai decreti oggi previsti dalla legge non hanno impedito a vari governi di infrangerli. Perché il loro inserimento in Costituzione dovrebbe riuscire a bloccare gli abusi?
«Perché la costituzionalizzazione dei limiti ai decreti, con l’elenco delle materie sottratte alla disciplina della decretazione d’urgenza, li rende più direttamente e chiaramente vincolanti. Cosa che fino a oggi non è avvenuto, perché è una legge ordinaria (la 400 del 1988), facilmente eludibile, che prevede i limiti alla decretazione d’urgenza. Si è dovuto attendere una innovativa giurisprudenza costituzionale, che ha fissato ulteriori limiti all’abuso dei decreti legge riferibili al parametro della straordinaria necessità e urgenza. Era giunta l’ora di una codificazione costituzionale».
Crede veramente che con la riscrittura di questi articoli si riusciranno ad evitare i cosiddetti “assalti alla diligenza” in Parlamento, che hanno portato anche di recente ai famigerati decreti-mancia?
«Penso di sì. Da un lato, infatti, per scongiurare i decreti omnibus si afferma, nel nuovo articolo 77, che i testi devono avere un contenuto “specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. Dall’altro lato, si sancisce un limite all’emendabilita dei decreti: niente più disposizioni estranee all’oggetto e alle finalità ».
Perché NO - Claudio De Fiores - Costituzionalista, è professore ordinario di Diritto costituzionale alla Seconda Università degli Studi di Napoli
“C’è il rischio di nuovi abusi del governo. È solo un maquillage. Si recepiscono i limiti già esistenti e neanche tutti: l’esecutivo potrà varare decreti elettorali
La proroga di 30 giorni per la conversione dei decreti in caso di rinvio del Quirinale alle Camere non è un modo, professor Claudio De Fiores, per garantire effettivamente questo potere del presidente?
«A ben vedere ciò che si garantisce è innanzitutto il potere normativo del governo. Attraverso questa disposizione si vuole impedire che il Capo dello Stato, esercitando il potere di rinvio di una legge di conversione in prossimità della scadenza, provochi la decadenza del decreto governativo».
L’introduzione in Costituzione dei limiti ai decreti non è un argine contro eventuali abusi del governo?
«In realtà siamo di fronte a un maquillage normativo. La riforma si limita a recepire alcuni vincoli già fissati dalla giurisprudenza costituzionale ed altri già esplicitati nella legge 400 del 1988. In Costituzione non vengono introdotti nuovi limiti di contenuto, così come la Bicamerale aveva provato a fare specificandone i presupposti (calamità, esigenze finanziarie, sicurezza), ma piuttosto confermati quelli già esistenti. E nemmeno tutti. Mi riferisco alla possibilità, espressamente riconosciuta al governo dal nuovo articolo 77, di intervenire con decreto in un ambito delicato come la materia elettorale».
Le nuove norme dovrebbero impedire il varo di decreti carrozzone o “assalti alla diligenza” da parte del parlamento. Non è positivo tutto questo?
«Il nuovo articolo 77 più che sanare le croniche patologie della decretazione rischia di aggravarle e più che degli assalti del Parlamento mi preoccuperei di quelli del governo. Con la riforma anche la legge di conversione è assoggettata a un procedimento monocamerale. Non è necessario avere una palla di vetro per prevedere, accanto alle vecchie, l’emersione di nuove forme di abuso, soprattutto nei casi in cui il governo, per rompere le resistenze di un Senato riottoso, dovesse decidere di procedere per decreto, sottraendogli il voto su alcune leggi bicamerali».

Testo vigente

Testo modificato

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.

Identico

 

Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell’articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni.

Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata.

Art. 75

È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

Identico

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti gli elettori.

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

Identico

Art. 76

L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Identico

Art. 77

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Il Governo non può, senza delegazione disposta con legge, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell’articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione. La legge può tuttavia regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

 

Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge: disciplinare le materie indicate nell’articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l’efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento.

 

Condividi questa pagina...

Copyright © 2013. Riproduzione riservata.