La Riforma - Guida al referendum
 La modifica dell’articolo 55 della Carta, ossia l’architrave della riforma: così le funzioni delle due Camere si separano
La fine del bicameralismo (art. de "la Repubblica di Lavinia Rivara")
Il superamento del bicameralismo paritario è l’architrave della riforma costituzionale che saremo chiamati ad approvare o respingere con il referendum del 4 dicembre prossimo.
Un obiettivo perseguito da diversi tentativi riformatori a partire dal 1982. Cominciamo oggi a pubblicare, in diverse puntate, gli articoli più significativi della riforma, confrontando il testo attuale della Costituzione con quello modificato. Per valutare le novità intervistiamo due giuristi, uno schierato con il Sì e uno con il No, sui vari capitoli presi in esame.
La legge Boschi parte modificando l’articolo 55 della Costituzione, allungandolo, e stabilendo innanzitutto che solo la Camera è chiamata a votare la fiducia al governo, esercitando le funzioni di indirizzo politico e di controllo sull’operato dell’esecutivo, oltre alla funzione legislativa. Subito dopo vengono disegnati i compiti del nuovo Senato, che deve innanzitutto rappresentare le istituzioni territoriali e fare da raccordo tra lo Stato, le Regioni e i Comuni, e tra questi e l’Unione Europea. Continua anche ad esercitare la funzione legislativa, ma in modo diverso dal passato (lo si vedrà negli articoli successivi). Il nuovo Senato partecipa anche alle decisioni relative alle politiche europee, verificando l’impatto delle scelte di Bruxelles sulle realtà locali. Tra i suoi compiti poi la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività della pubblica amministrazione, la verifica dell’attuazione delle leggi e il parere su alcune nomine del governo.
La Camera resta eletta a suffragio universale e composta da 630 deputati, di cui 12 eletti nella circoscrizione Estero. Nell’articolo 55 viene anche rafforzata la parità di genere nella rappresentanza politica. Rispetto all’articolo 51 della Costituzione, che già prevede condizioni di eguaglianza per l’accesso alle cariche elettive, si dispone che tutte le leggi elettorali delle Camere dovranno promuovere l’equilibrio tra donne e uomini.
Perché SÌ - Prof. Francesco Clementi (diritto comparato all’università di Perugia)

Stop al caos delle diverse maggioranze
Professor Francesco Clementi, il primo passo della riforma costituzionale è il superamento del bicameralismo paritario e la nascita del nuovo Senato. Per quali ragioni secondo lei è necessario farlo?
«Per dare finalmente rappresentanza parlamentare alle istituzioni territoriali, come si attende da 50 anni. Perché, a differenza degli altri sistemi bicamerali, l’Italia è l’unico Paese in cui le realtà locali non hanno la loro voce in Parlamento. E poi va eliminata un’altra anomalia, che non ha paragoni: il doppio voto di fiducia al governo, che spesso determina maggioranze diverse. Dal 1994 a oggi 4 elezioni su 6 hanno portato a maggioranze diverse tra Camera e Senato».
Ma non indebolisce il controllo del Parlamento sul governo?
«No, il controllo si esercita con altri strumenti e non con i ricatti che hanno prodotto 73 governi in 60 anni».
Per gli oppositori il nuovo Senato è una scatola vuota, con compiti troppo vasti e troppo vaghi.
«I compiti sono quelli tipici delle seconde Camere, come la partecipazione alla dialettica governo-maggioranza-Unione Europea. È quello che fa ad esempio il Bundesrat tedesco quando si pronuncia sulle quote latte e impone alla cancelliera Merkel dei vincoli nella trattativa con Bruxelles. La voce del Senato sarà molto più potente dell’attuale conferenza Stato-Regioni, perché avrà la forza di una scelta pubblica parlamentare».
Ma perché in Senato entreranno i consiglieri regionali, legati ai partiti, e non i presidenti di Regione che rappresentano l’istituzione?
«Non è detto che i governatori non ci saranno, anzi è possibile, e io lo auspico. Dipenderà delle scelte che in parte faranno le stesse Regioni».
La riforma rafforza anche la parità di genere nella rappresentanza politica.
«Sì, diventa un principio costituzionale non valicabile da nessuna legge elettorale. È un aspetto importante: la presenza delle donne non dipenderà più da valutazioni politiche o culturali. Non ci saranno più alibi»

Perché NO di Alessandro Pace - Presidente del Comitato per il No e professore di diritto costituzionale
“Il Senato va eletto dai cittadini”
 Professor Alessandro Pace, lei presiede il Comitato per il No alla riforma Boschi. Se è vero che il superamento del bicameralismo perfetto trova d’accordo quasi tutti i costituzionalisti, perché invitate a bocciare questa legge?
«Io sarei favorevole addirittura all’abolizione del Senato, affidando però dei contropoteri alla Camera. La verità è che questa è una riforma pasticciata. Se si vuole conservare un Senato con poteri legislativi, allora deve essere eletto dai cittadini. È l’articolo 1 della Costituzione a dire che la sovranità appartiene al popolo. E la volontà dei cittadini si esprime attraverso il voto».
Ma la scelta di dare una rappresentanza parlamentare alle istituzioni locali non è in linea con i sistemi bicamerali di altri Paesi?
«No, solo negli Stati federali, come la Germania e gli Stati Uniti, il Senato può rappresentare i Land, gli Stati. Se invece conserva una funzione legislativa continua ad essere organo dello Stato centrale. È irrazionale voler far fare al Senato due mestieri. Così come non si può pensare che un sindaco di una grande città possa stare due giorni a Roma, a palazzo Madama, durante la settimana. Così, in modo surrettizio, si punta a non far funzionare veramente il Senato. E a gestire la politica alla Camera, laddove il premier ha il dominio della maggioranza. Senza contare che per avere un ruolo veramente incisivo nel rapporto Stato-Regioni dovrebbero far parte del Senato i governatori non i consiglieri regionali».
Lei vede un rischio per la democrazia nell’eliminazione del voto di fiducia del Senato al governo?
«Non sono contrario, ma paradossalmente può creare difficoltà, perché nelle leggi bicamerali il governo potrebbe trovarsi nella condizione di non riuscire a domare la seconda Camera».
È d’accordo col rafforzamento della parità di genere?
«Ci mancherebbe, non tutto nella riforma è sbagliato. Il problema è che non funziona».

 Di seguito si riporta il confronto tra la Costituzione vigente e quella modificata (e da sottoporre a referendum).

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