Aldo Moro, una verità lunga e scomoda. Serata emozionante per il folto pubblico che all'Ephebeum di Monte Porzio Catone (in Via Cavour 6) èrimascto affascinato dalle parole dall'on. Gero Grassi. La verità su quella stagione viene a galla, grazie all'immenso lavoro ed alla dedizione del deputato del Partito Democratico, e c'è ancora tanto da scoprire. La verità, come riaffiora dalla lettura di parole di Aldo Moro: "Questo Paese non si salverà. La stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se non sorgerà un nuovo senso del dovere.Vorrei capire con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. La verità è più grande di qualsiasi tornaconto. La verità è sempre illuminante e ci aiuta ad essere coraggiosi". Per approfondire visitate il sito www.gerograssi.it

Incontro su Aldo Moro.

Apertura di Francesco Vescovo.  Questa sera nuovo appuntamento con la sezione di Monte Porzio Catone per sentir parlare del caso Moro. Oggi siamo ospitati in questa bellissima sala comunale e non a caso l'evento si svolge qui; per la sua importanza vogliamo dare a tutti la possibilità di parteciparvi. Ringrazio subito l'on Grassi per la disponibilità che ha mostrato per raggiungerci a Monte Porzio. Sul retro dei volantini che annunciano la manifestazione trovate tutti gli incontri che ha fatto l'on. Grassi e quelli che dovrà fare. Sono oltre 270, é un bell'impegno da parte sua e noi stasera usciremo sicuramente arricchiti di fronte a tante notizie sul caso Moro. io il 16 marzo del 78 non ero ancora nato ma molti di voi hanno un ricordo su quella giornata come da testimonianze raccolte in questi giorni. Consiglio di andare sul sito dell'on Grassi e anche sul sito www.morovivonellaverita.it della figlia Maria Fida: "La verità finisce per venire sempre a galla, magari a pezzi e bocconi, magari dopo tanto tempo, magari quando è troppo tardi. Però non si riesce ad eluderla per sempre: sarebbe bene ricordarlo! La morte di mio padre aveva il compito di gettare il nostro paese e non solo il nostro paese nel caos. L'obiettivo è stato raggiunto alla perfezione, meglio non si poteva. Mi auguro che l'ennesima commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro non serva a sollevare la polvere per poi lasciarla ricadere sullo status quo. Sarebbe un'ennesima beffa. La crudeltà inutile l'ha fatta da padrone in questa terribile vicenda. E se invece la sapienza del cuore prendesse il sopravvento? E se il dolore di tutto ciò che è andato perduto venisse mitigato da una seria ricostruzione non atta a rinforzare il muro di gomma ma a farvi breccia?  Ripeto e se Aldo Moro non fosse morto? Per me non lo è, perché, come ho scritto nel nome del sito, "è vivo nella verità". La stessa verità alla quale giovanissimo faceva riferimento nelle sue lezioni di filosofia del diritto affermando che "tutto ciò che è stato nella verità è. Per ciò è bello vivere". Ma esiste un monito di Moro davvero pertinente a questo tempo, nel quale ci è stato dato di vivere, ed è il seguente: "datemi da una parte un milione di voti e toglietemi dall'altra parte un atomo di verità, allora io sarò sempre perdente". Invito chi di dovere a meditare su questa frase. Significa che la verità è più importante di tutto il resto, la verità ci connota e ci rende grandi se siamo capaci di aderire ad essa. Che cos'è la verità? È la nostra essenza più veritiera quel nucleo di significato comune eppure diverso in tutto ciò che è. Se saremo veritieri saremo anche degni di fiducia ed immortali." Concludo con una frase di Moro "Risolveremo il problema del nostro tempo tenendo fede alla verità e avendo insieme pazienza, umiltà, lungimiranza, larga visione delle cose...In questo mondo frantumato avrà la vittoria, chi saprà fare per primo coraggiosamente un passo decisivo verso l'unità. L'unità nella verità".

Francesco passa la parola al sindaco Emanuele Pucci. Ringrazio Francesco, l'onorevole per la sua presenza e tutti i dirigenti del circolo per aver organizzato questo incontro. Come ha detto Francesco nel '78 non c'eravamo e quindi per noi è una lezione di storia anche quella di oggi ma anche il tentativo di diradare la nebbia intorno ad un periodo storico e politico molto difficile e molto delicato perché da quell'evento si possono intravedere conseguenze che hanno portato ad una forma di declino all'interno del nostro Stato É un bene quindi affrontare un argomento così importante perché coinvolge moltissimi aspetti, e significa parlare del terrorismo. Come ha scritto bene il filosofo Severino "Il problema fondamentale non è scoprire le basi del terrorismo, quanto tentare di comprendere la soluzione reale che lo rende possibile e quindi cercare di accendere quanto più possibile e fare luce nel pozzo buio dove effondono i tanti ancora irrisolti segreti di Stato".

Intervento dell'on. Grassi. "Grazie a Voi che mi avete invitato. Ho detto a Emanuele che chi ha fatto il sindaco - io l'ho fatto 25 anni fa - è la cosa più bella che ci possa essere perché il sindaco tocca con mano i problemi delle persone e quando può li risolve. Quando Francesco mi ha contattato io sono andato indietro con la memoria, MPC per me è Marcello Latini Rischiatutto ricordo benissimo quel periodo quel tabaccaio che ha lasciato un segno nella storia della televisione in un periodo, gli anni 70,  per via del terrorismo nero e rosso.

Il Caso Moro se dovessimo quantificare - togliamo i libri e giornali - è racchiuso in circa 4 milioni di pagine di atti giudiziari derivanti da 8 processi 4 commissioni terrorismo e stragi (che come le commissioni di inchiesta hanno gli stessi compiti della magistratura). la commissione P2 e le 2 commissioni su Moro compreso l'attuale. Tutto 'sto manicomio che stiamo a fare come PD la colpa è mia. perché iniziando a studiare questa documentazione mi sono reso conto che mi avevano raccontato tante bugie da parte di tutti per cui ho fatto la proposta di legge poi approvata per restituire una nuova commissione sul caso Moro. che giornalmente sta dimostrando come la verità non c'era. Se dovessi quantificare siamo partiti da una verità 10 oggi stiamo a 30-40.tutto quello che è certo cercherò di raccontarvelo questa sera. Un giro d'Italia Lunghissimo, difficile pesante ed anche abbastanza pericoloso perché  il caso Moro non è finito, lo è nella parte più spregevole, ma continua. Se dovessi sintetizzare il caso Moro in tre parole - ci dice Grassi - userei il titolo del Corriere della sera del 9 maggio 79 "Delitto di abbandono". All'epoca nessuno capì. Delitto di abbandono perché Moro fu abbandonato da tutti: nessuno escluso; partiti e non, ognuno ritiene che l'abbandono sia opera di altri. Fu abbandonato dai partiti di Governo e da quelli di opposizione, dal Governo, dai Sindacati, dalle Forze dell'Ordine, dalla Magistratura, dalla Chiesa, dal Paese. In 55 gg del caso Moro non c'è stata una seduta di Camera e di Senato. oggi quando cade un ponticello di 3c metri facciamo una seduta straordinaria con fiumi di interrogazioni. Delitto di abbandono, ma quel delitto si è perpetuato ed è continuato nel tempo. perché per oltre 35 anni nessuno mai ha discusso il tema Chi ha ucciso  e perché Aldo Moro? Si è discusso di Aldo Moro, del pensiero giuridico, politico, il professore, delle messe, le processioni, ecc. Ma mori di malattia o fu ucciso? e poi immaginate che nella storia della politica italiana, solo 3 persone hanno avuto un pensiero diverso da questo. nel 2008 il presidente della Camera Pietro Ingrao,  dice <<Lo Stato ha fatto poco per salvare A Moro>>, ma nessuno gli risponde. Congresso di Pesaro ex DS Fassino dice lo Stato ha sbagliato a non trattare, un fiume di critiche. Giovanni Galloni DC dice  guardate che Moro è stato ucciso con la complicità di tantissimi ma viene considerato "infermo di mente", tutti gli altri nemmeno una parola.

C'è qualcosa che non quadra. Nella commissione P2 di Tina Anselmi, primo ministro donna della Repubblica Italiana - quest'anno verrà emesso un francobollo che ricorda il 76° anniversario del voto alle donne 1946-2016 e il 40 anniversario del primo ministro donna Tina Anselmi della Sanità voluta al governo da Aldo Moro,  una delle 5 persone viventi a cui sarà dedicato un francobollo (ma lei è malata di parkinson) - nella chiusura della commissione P2 che soffre del periodo politico in cui avvenne,  fine anni 80,  l'Anselmi dice "quando  alcune vicende che hanno interessato la vita politica del Paese questo non riesce a dare risposte a interrogativi vuol dire che il paese non vuol dare .le risposte il caso Moro è l'emblema di un paese che non vuol dare risposte a questi interrogativi. Altra premessa, le parole che sentirete non sono frutto di una mia sintesi, sono testuali, tutte scritte agli atti.

A noi hanno spiegato, dicendo una grande bugia che il caso Moro inizia il 16 marzo del '78, ma in realtà inizia nel 1964, ma nessuno ce lo ha detto,  perché allora quando Moro diventa Presidente del Consiglio - con Pietro Nenni socialista Vice Presidente (primo Governo di Centro Sinistra Italiano)- i carabinieri inventano il "Piano Solo", che prevede il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro da parte del ten. colonnello Roberto Podestà. Questa vicenda non si realizza perché il Presidente della Repubblica Saragat (socialdemocratico) manda l'esercito contro i carabinieri bloccandoli - nella storia di Italia questo non c'è scritto - Perché i carabinieri vogliono l'uccisione di Aldo Moro? - Dietro di loro c'è un certo potentato economico - perché vogliono istaurare un regime militare. Le due accuse più pesanti che vengono fatte a Moro sono: Moro vuole realizzare - e lo fece - il processo di nazionalizzazione dell'energia elettrica; nel programma di legge del governo di Centro Sinistra c'era la prima riforma della legge Coppino (risalente 1870 che prevedeva l'obbligatorietà della 5a elementare senza pena) per la Riforma della scuola italiana con cui ci fu l'obbligatorietà della scuola media e quindi dei genitori di mandare a scuola i figli (arrivavano i carabinieri se i genitori non mandavano i figli a scuola e si cominciò a parlare di evasione scolastica). Moro parlò di questa obbligatorietà affermando che non è il reddito che deve determinare la possibilità di accesso alla scuola, mail merito. Se non si mettono le persone di mandare obbligatoriamente i figli a scuola senza pagare, a scuola andranno solo i figli dei ricchi. Il figlio del bracciante se vuole ed ha le capacità potrà non fare il bracciante come il padre. Queste cose nel '64 sono una rivoluzione. Merito a Saragat che impedisce tutto il piano criminale.

Negli anni precedenti il rapimento si realizza tutto e di più. Il 4 agosto 1974 Moro sale a Roma Termini  sul treno Roma Monaco in partenza alle 20:05. Alle 20:03 2 funzionari del Ministero degli Esteri fanno scendere Moro dal treno  che era l'Italicus che saltò in aria nella galleria di San Benedetto Val di Sambro. La Magistratura accerta che la polvere pirica usta in quell'attentato era la stessa degli attentati di piazza Fontana, banca Nazionale dell'Agricoltura, piazza della Loggia, strage della stazione di Bologna. La Magistratura accerta anche che quella polvere pirica non era a disposizione degli Italiani ma di un organismo sovranazionale che all'epoca non si capisce quale era. Oggi Grassi dice che quell'organismo era Gladio. 1974, Washington: "On. lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente, lei o la smette o la pagherà cara, molto cara, questo è un avvertimento ufficiale", Henry Kissinger Segretario di Stato americano. 1975-76-77, il giornalista Mino Pecorelli P2, ucciso si dice da Massimo Carminati il 20 marzo 1979,  fa 3 titoli, uno all'anno in prima pagina sul OP:  "Moro...bondo"; "È solo Moro il ministro che deve morire?"; "Con la scomparsa del leader pugliese scomparirà il miraggio berlingueriano dell'incontro tra cattolici e comunisti". Ma nessuno gli crede.

Novembre 1977 a Roma "gambizzano" l'on. democristiano Publio Fiori. Sui muri romani e sui giornali italiani appare la scritta "Oggi Fiori, domani Moro", ma nessuna parola. Novembre 1977 Moro "Enrico Berlinguer è odiato in Unione Sovietica, in gran parte della Germania e negli Stati Uniti". Dicembre '77 Moro a Vittorio Cervone suo amico deputato democristiano: "Caro Vittorio ci faranno pagare caramente la nostra linea politica, la DC perderà voti ma dobbiamo andare avanti, ne guadagnerà la democrazia italiana. Dobbiamo europeizzare i comunisti, staccarli da Mosca; governare con loro il difficile processo dell'inflazione del terrorismo; dopodiché affidare al popolo italiano chi deve governare e chi deve fare la minoranza. A 30 anni di distanza dalla guerra non possiamo più essere una democrazia incompiuta.

Gennaio 1978:  da Torino il col. Bozzo assistente del gen. Della Chiesa va a Roma, dal gen. De Sena comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, perché a Torino hanno saputo che un muratore si è recato a Roma per creare una cella insonorizzata. il gen. Nicola De Sena, napoletano gli dice "Guagliò le BR stanno al Nord! Fatti vostri". Dopo 2 mesi via Fani. Siamo stasti a Genova con la Commissione di inchiesta a interrogare il 91enne Bozzo e gli ho chiesto "Generale sa se c'era un rapporto di frequentazione tra il prof. universitario Giovanni Sensani e il col. dei Carabinieri Francesco Delfino (caso Soffiantini, per il quale fu condannato e degradato da generale a carabiniere semplice e morì tale). Delfino è nato a Platì (RC) capitale mondiale della 'ndrangheta. Risponde , sorpreso alla domanda che Sensani e Delfino erano amici ed è come se oggi noi dicessimo che il capo dell'ISIS è amico di papa Bergoglio, perché Sensani è il vero capo delle BR. Questa commissione scopre un documento datato 18 febbraio '78 dalla firma non identificata ma che è del capo dei nostri Servizi Segreti dell'epoca, che dice: "A Beirut che dice che Habbash, capo del Fronte della Palestina, mi ha detto che giorni fa in Italia c'è stato un incontro tra terroristi tedeschi e terroristi italiani e che si prepara un evento straordinario. Attenzione, non avvisate i nostri Servizi Segreti (italiani) che hanno rapporti con l'OLP". Non sappiamo cosa abbia fatto l'Italia a fronte di questo telegramma, non c'è traccia di un evento che era di  importanza unica.

Abbiamo traccia di un altro documento del 2 marzo '78, firmato dall'Ammiraglio Remo Mausardi capo della Xa Div. Gladio del Ministero della Difesa Italiana, di cui non abbiamo l'originale perché quando nel 1990 scoppia il caso Gladio il suo capo Generale Gianadelio Maletti prima di scappare a Johannesburg incendia tutto l'archivio di Gladio. Nel documento troviamo scritto: "Prendere contatti immediati con il  Fronte di Liberazione della Palestina (OLP) per favorire la liberazione di Aldo Moro", che sarà rapito 14 giorni dopo. Questo documento riservato e a distruzione immediata che parte dal nostro Ministero della Difesa è imbarcato sulla motonave "Jumbo M" che parte da La Spezia il 6 marzo '78 ed è portato materialmente da G71 (G sta per Gladiatore) Antonino Arconte fino a Beirut per essere consegnato al Colonnello Stefano Giovannone capo dei Servizi Segreti Italiani. Ma prima deve essere letto e distrutto dal capitano dei Carabinieri G243 Mario Ferraro; il quale legge il documento, riferisce a voce a Giovannone, ma per fortuna nostra (e per sfortuna sua perché dopo qualche anno viene ucciso per quel documento, secondo Grassi) non lo distrugge". Ferraro secondo l'on. Grassi "viene ucciso e non si è suicidato come invece asseriscono i miei detrattori, per la dinamica dell'accaduto: la moglie lo trova in bagno seduto a terra impiccato con la cinta dell'accappatoio al portasciugamani posizionato ad 1,20 m di altezza. La perizia necroscopica dice che la cinta e le viti del portasciugamani non avrebbero retto il peso del capitano, che tra l'altro è seduto a terra. La perizia dice che è stato ucciso, ma Grassi asserisce che è stato "suicidato" anche perché subito dopo la moglie si accorge che la porta di accesso alla casa è aperta e subito dopo, mai chiamati, arrivano i Servizi Segreti, che non sappiamo cosa abbiano fatto scomparire. Questa vicenda Medio Orientale si incastra con altre vicende Medio Orientali. La prima: 28/08/1980 scomparsa di due giovani giornalisti free-lance Italo Toni e Isabella De Palo che scompaiono a Beirut (e di cui non se ne è mai parlato). Essi avevano scoperto che a Beirut c'era un campo di addestramento di terroristi dell'OLP dove si addestravano anche le Brigate Rosse. Ma avevano anche scoperto che gli addestratori dei terroristi erano uomini italiani non riconducibili alle forze di polizia tradizionali e che oggi possiamo dire ancora una volta che erano di Gladio. La seconda: Arresto negli anni '80-90 per merito dei giudici Carlo Palermo e Mastelloni dei "Piduisti" Francesco Pazienza, Pietro Musumeci generale capo di Gladio e il generale Giuseppe Santovito capo dei nostri Servizi Segreti. Vengono aver favorito il traffico d'armi tra le BR e l'OLP,  aver sviato l'attività istituzionale che loro avrebbero dovuto perseguire.

16 marzo 1978,  Aldo Moro esce di casa qualche minuto dopo le 8 e accompagnato da 2 carabinieri della scorta e da 3 poliziotti. Si dirige alla chiesa di Santa Chiara mentre si celebra la Messa seguito dai 2 carabinieri mentre i poliziotti restano fuori. Qui grande primo interrogativo della vicenda Moro. Se avessimo la "striscia" delle telefonate che l'auto della polizia durante la messa ha ricevuto (le auto di Polizia e dei Carabinieri erano collegate al Ministero degli Interni via radio), noi sapremmo chi ha chiamato all'auto.Perché sarebbe importante saperlo? per due motivi: il primo è che la sera del 15 marzo sotto la casa di Antonio Spiriticchio, che vende fiori all'angolo di via Fani con via Stresa da tanti anni, alcune persone tagliano le ruote del furgone per evitare che lui si diriga a via Fani e possa stare all'angolo con via Stresa la mattina del 16 marzo. Ma non è finita, se avessimo la striscia delle telefonate del Ministero degli Interni, che dice di avere smarrito (e non è vero perché non si smarrisce quella testimonianza del 16 marzo) potremo capire anche che cosa di strano è successo. Bisogna sapere che il 29 maggio del '79 quando a viale Giulio Cesare 48 a Roma sono arrestati i due fidanzati delle Brigate Rosse Valerio Morucci e Adriana Faranda, nella tasca di Morucci, uno dei capi delle BR, viene trovato un biglietto con un cognome, Esposito, sottufficiale dei nostri Servizi Segreti, con il suo indirizzo di casa ed un numero di telefono. Esposito il 16 marzo '78 lavorava all'ufficio radio-scorte della Questura di Roma. Il dott. Guido Zecca dice <<Eravamo noi al Ministero degli Interni a teleguidare le persone scortate>> e il Magistrato chiede <<cosa significa teleguidare>> e risponde Zecca <<Che noi per telefono dicevamo le strade che dovevano fare>>. Se noi sapessimo chi ha chiamato la polizia per dire di andare a Via Fani, avremmo risolto il problema. Per inciso Morucci e Faran da vengono arrestati nella casa di uno dei più importanti agenti del KGB italiano, il professore universitario Conforto. La stranezza è che nella casa di una dei capi del KGB italiano ci si aspetta di trovare la statua di Stalin! No trovarono la carta intestata dello IOR con indirizzo privato di Marcinkus, carta intestata dell'Istituto "Pro Deo" il cui capo era padre Morion, sacerdote, corrispondente di Conforto della CIA, cioè il capo degli agenti della CIA in Italia.La stranezza è che mentre CIA e KGB si fanno la guerra nel mondo in Italia stanno nella stessa abitazione. Tenete presente che per collegare le cose che diciamo e che sono ormai giudiziariamente accertate, che Moro aveva avuto fino al rapimento un'idea di Europa che fosse soggetto terzo rispetto agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica. Moro non è mai stato succube né degli uni né degli altri, ha sempre  mantenuto una posizione di terzietà. Torniamo al 16 marzo '78, quando le auto di Moro arrivano in via Fani, una ragazza di 20 anni, Rita Algranati, alza un mazzo di fiori, che sta ad indicare a tutti che Moro sta arrivando. Chi è Rita Algranati? È la moglie dell'unico brigatista mai arrestato dopo 38 anni, Alessio Casimirri che gestisce in Nicaragua il ristorante "La magica Roma". L'estradizione è stata chiesta solo dal governo Renzi, ma il governo nicaraguense ha risposto che siccome è un cittadino loro non ce lo danno. la stranezza è che nel 1999 i nostri servizi segreti sono andati a trovarlo, hanno speso un miliardo e mezzo, e non sappiamo il perché. La madre di Alessio Casimirri è una cittadini vaticana e il padre è il capo ufficio stampa di Paolo VI, Giovanni XXIII e Pio XII (i papi che non c'entrano nulla). Il migliore amico del padre di Alessio Casimirri è il generale dei Servizi Segretti Giuseppe Santovito il quale il 17 marzo del '78 da due passaporti falsi ad Alessio Casimirri e Rita Algranati che vanno prima in Francia e poi in Nicaragua. Giuseppe Santovito, alla Magistatura che gli chiede <<Come mai 98 colpi di arma da fuoco sparati in via Fani non colpiscono Moro e uccidono i cinque uomini della scorta?>>, risponde che <<i brigatisti erano tiratori eccezionali>>. Peccato che Curcio e Franceschini che sono i capi delle BR dicano: Curcio <<Con le armi non abbiamo mai avuto un buon rapporto>> e Franceschini aggiunge <<Spesso ci siamo sparati sui piedi>>.Tenete presente che le armi dei brigatisti di via Fani (e Francesco Vescovo  è interessato anche a questo aspetto)  derivano dalla Repubblica di Salò e dalla Guerra Partigiana, quindi anni 43-45 e non sparano! Ma prima di arrivare alla sparatoria vediamo la scena di via Fani. Questa (per chi non la conoscesse) è una strada lunga; quando arriva l'auto di Moro, lì dove normalmente si mette il furgone del fioraio (che non c'è) si trova una Austin Morris  parcheggiata in un modo anomalo, perché è distante 80 cm dal marciapiede e quindi è situata molto al centro strada. Questa macchina, checché ne dicano alcuni personaggi che per anni l'anno difesa, è di una società, "Poggio delle Rose", che ha sede a Roma in piazza della Libertà 10 sullo stesso pianerottolo della società immobiliare "Gradoli", che ha un atto notarile effettuato dal notaio Vittorio Squillace già dirigente del Ministero degli Interni e notaio di fiducia dei Servizi Segreti. Torniamo alla scena di via Fani, la società "Poggio delle Rose" è una società di copertura dei nostri Servizi Segreti. Sul lato sinistro della strada, in corrispondenza, c'è una Mini Minor di proprietà di Tullio Moscardi "gladiatore" della 10a Mas di Junio Valerio Borghese. Dietro alla Mini Minor c'è una siepe e al primo piano esiste una società che si chiama "Impresandex" che ha ufficialmente il compito di vendere caminetti ma il geometra di questa società, Eugenio Proto, dichiara alla Magistratura di non aver  mai venduto caminetti e che passava il tempo a leggere giornali. Il proprietario, tale Barbaro, si incontrava con persone strane. Chi e è Barbaro? È il cognato di Bruno Pastori Stocchi, colonnello capo addestramento di Gladio che era in quel periodo in Sardegna. Dietro la siepe c'è il bar "Olivetti" che per 37 anni con l'insipienza del popolo italiano e la corresponsabilità della Magistratura, delle Forze dell'Ordine, della classe politica e dell'informazione giornalistica, negli atti della Magistratura e sui giornali - e sul mio sito www.gerograssi.itci sono oltre 40 mila pagine di giornali dal '77 ad oggi sul caso Moro in ordine cronologico e tutta la documentazione di atti, interrogatori, in ordine cronologico e poi tutte le lettere dei brigatisti, pubbliche e private, atti di Moro, ecc. ecc. -  il bar risulta chiuso. A me Maria Fida Moro mi aveva sempre detto che quel il maresciallo Leonardi caposcorta di Moro sconsigliava a tutti di andare in quel bar perché era respingente nel contesto cittadino della zona. di Monte Mario ed io ho sempre considerato che il bar fosse chiuso fini a che un giorno mi chiama un signore che mi voleva parlare del caso Moro. Gli do appuntamento alla Camera e questo signore sul litorale di Fiumicino a mezza notte. il ci vado con non poco timore e trovo uno che ha due stampelle, la testa tutta tagliata e un turbante, da solo come me. Poi scopro che è un capo redattore della RAI credo non solo questo e mi da l'indirizzo che lui la mattina del 16 marzo '78 ha fatto colazione nel bar Olivetti. Se ha fatto colazione, il bar era aperto e mi produce i nomi di un medico e di un fotoreporter della RAI che la mattina del 16 marzo hanno fatto colazione là e mi dice che lui dal bar Olivetti ha chiamato Angela Buttiglione direttore all'epoca del TG1 per dire di mandare subito la troupe di Frajese, che fu il primo ad arrivare (quindi era lì prima che arrivasse Frajese) perché la sua telecamera era troppo piccola e non poteva fare le riprese. E mi dice che mentre aspettava di parlare con la Buttiglione on il telefono a gettoni, al telefono c'era un signore che parlava in un inglese tedeschizzato vestito con divisa dell'aereonautica militare. Ovviamente tutta questa gente l'abbiamo destinata alla Magistratura e i nostri magistrati li hanno interrogati e tutto è stato formalizzato, ecc.. Al che si mette in moto l'indagine sul bar Olivetti mai fatta per 37 anni e che cosa scopriamo: nel bar Olivetti si vedono, nel periodo precedente il rapimento di Moro, le BR, i NAR, che sono gli omologhi di destra dei brigatisti rossi, tale Frank Coppola della mafia siculo-americana, gli uomini della banda della Magliana, tre persone socie di una società che traffica armi e una di queste tre è una donna che sta nella segreteria di Franco Evangelisti, più noto con il termine "A Fra' che te serve?". Di chi è la proprietà del bar Olivetti? Di due donne e di un uomo, Mario Olivetti, personaggio squallido legato ai Servizi Segreti, che la sera prima dell'eccidio della Stazione di Bologna era a Bologna, ma a differenza di tanti non Bolognesi non viene fermato dalla polizia. La moglie è una signora vivente che o è stupida, nel senso che non capiva dove si era andata a "infilare", oppure, peggio, era corresponsabile. Era la figlia dell'ex presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. In questo contesto, io poi che non mi fermo nemmeno la notte e faccio comparazione, vado a comparare i nomi che emergono essere frequentatori del bar Olivetti con la richiesta  di rinvio a giudizio per l'omicidio Pecorelli e quindi l'autorizzazione a procedere fatta dalla Magistratura per il senatore Giulio Andreotti. I nomi che stanno nella richiesta di rinvio a giudizio per l'omicidio Pecorelli e che in base al magistrato sono "implicati" nel delitto Pecorelli sono gli stessi nomi che frequentano il Bar Olivetti, da Badalamenti a Buscetta. e tanti altri. Allora Via Fani non era un caso, stava tutto lì quel giorno! Aggiungiamo la presenza in via Fani del colonnello Guglielmi che era il vice-comandante generale di Gladio alle 8:30 del 16 marzo 78. Sembrava il corso di un paese il giorno della festa patronale. Ma che cosa succede in via Fani: sono sparati 98 colpi di armi da fuoco e i brigatisti bugiardi continuano a dire che c'erano soltanto loro e che hanno sparato da lì. Noi siamo riusciti a dimostrare nella Commissione, smentendo categoricamente il memoriale Morucci-Faranda che fu scritto nel carcere di Paliano ad opera di Remigio Cavedon che è un redattore del "Popolo" il giornale della Democrazia Cristiana. Il memoriale salta tutto alla prova dei fatti perché noi riusciamo a dimostrare che almeno due dei cinque, nonostante la polizia si dia da fare per dimostrare il contrario, sono morti perché sparati da questa parte. Quattro di cinque uomini di scorta subiscono il colpo di grazia (dopo essere stati crivellati, gli si avvicinano gli mettono alla tempia l'arma e fanno loro esplodere il cervello). Chi non riceve il colpo di grazia e muore al Policlinico un'ora dopo? Il poliziotto Francesco Zizzi di Fasano. Non subisce il colpo di grazia perché era il primo giorno che lavorava con la scorta di Moro. Come dice Franceschini, capo delle Brigate Rosse, e come dice la moglie di Moro <<Non dovevano rimanere superstiti a via Fani perché i morti non parlano>> e se non fossero morti avrebbero raccontato chi stava in realtà in via Fani.  

Dei 98 colpi d'arma da fuoco, 48 vengono sparati dalla stessa arma che è l'unica a non essere trovata. Di questi 48, 34 non sono classificabili ovvero non hanno "la firma": l'anno di costruzione e la ditta che li ha fabbricati (caratteristi che deve avere ogni proiettile).

 

Cosa accade 1l 28 settembre del '78? Due autorevoli esponenti della nostra comunità, defunti, il capo della DIGOS di Roma, Spinella e il questore di Roma De Francesco poi Prefetto di Palermo e di Torino, scrivono su carta intestata della Questura di Roma che i 34 colpi non identificati di Via Fani provengono, parole testuali, da un deposito del Nord Italia le cui chiavi sono a disposizione di 6 persone. É un "linguaggio mafioso" perché si scrive: da un deposito di Vigevano o di Vicenza, le cui chiavi sono a disposizione di tizio, caio, ecc.. No non c'è scritto nulla e però un magistrato solerte (che per nostra sfortuna gira ancora per le piazze d'Italia) archivia quella lettera (gli originali si possono visualizzare sul sito di Grassi). L'anomalia di quella lettera è che nel '78 chi la legge e non è interessato, non capisce chi sono le 6 persone. Oggi noi possiamo dire quali sono le 6 persone, le qualifiche non i nomi. I depositi delle armi di Gladio sono protetti da carabinieri perché in tutti Italia ci sono carabinieri che per mestiere proteggono i depositi di armi di Gladio. Ma noi questo lo possiamo dire oggi, nel '78 no, non lo potevamo dire. Se fosse possibile qui dovrei dire amen e poi sia i credenti sia i non credenti sanno che nella tradizione italiana amen significa "e così sia". Nel caso Moro amen non si può dire perché è una bestemmia, perché è il soprannome, affettuoso vezzeggiativo, con il quale il piduista Mino Pecorelli  chiama affettuosamente una persona  che ha chiesto di entrare nella P2, il cui fratello è iscritto alla P2, che si chiama Carlo Alberto Dalla Chiesa, il cui soprannome è generale Amen. Durante l'azione di via Fani che dura 3 minuti (la sparatoria 52 sec.) Per dare l'idea la sparatoria l'ho simulata in un deposito di pulizia con le cuffie e per 52 sec. sparavano a raffica, non passavano mai.  Durante i 3 minuti per via Fani passa una moto Honda e il Pubblico Ministero del processo Moro del '91 che condanna all'ergastolo tutti i brigatisti, aggiunge i 2 della che erano sulla moto Honda, seppure non erano identificati. Noi oggi con grande approssimazione possiamo dire che le moto Honda a via Fani erano 2, ma non sappiamo ancora chi era sulle moto. Abbiamo una lettera anonima, inviata alla "Stampa" di Torino  nel settembre 2009 che dice "Quando riceverete questa lettera io sarò morto da almeno 6 mesi. Per un rigurgito di onestà nei confronti del mio unico figlio io vi dico che la mattina del 16 marzo '78 ero sulla moto Honda di via Fani. Se volete sapere chi era con me chiedete alla signora Tiziana del negozio "Il pentagramma" di Torino.". Questa lettera rimane, alla Magistratura a Torino, su una scrivania oltre due anni e mezzo. La lettera dice "Io ero lì per ordine del Colonnello Guglielmi vice comandante generale di Gladio,  capo del settore K di Gladio, ed ero lì per  proteggere le Brigate Rosse da azioni di disturbo o di qualsiasi genere. Il Procuratore Generale della Repubblica di Roma Ciampoli, il 13 novembre del 2014 in un'ordinanza per la prima volta scrive"Con le BR in via Fani c'erano elementi della criminalità romana (leggasi Banda della Magliana) ed elementi deviati dello Stato che volevano interrompere il circuito politico voluto da Aldo Moro ed Enrico Berlinguer". Per la prima volta dopo 36 anni noi abbiamo in una ordinanza della Magistratura la certezza che in via Fani ci sono altre persone. Questa certezza tutt'oggi viene smentita dalle BR.

 

Torniamo al 16 marzo. Succedono 5 cose molto strane. La prima, dal Ministero degli Interni, a firma del Ministro Cossiga, ma di fatto del Capo della Polizia Parlato, parte il telegramma diretta alle Questure e commissariati di polizia e Prefetture che dice di attuare immediatamente il Piano 0 per la liberazione di Aldo Moro. Peccato che il Piano "Zero" non esiste, per cui chi riceve quel telegramma non sa che fare. Cossiga, interrogato, dirà che ha sbagliato il Questore Fariello, che è colui che ha scritto materialmente il telegramma. Perché essendo arrivato da Sassari, sua città, qualche settimana prima, che il Piano Zero si applica solo per il rapimento di persone in Sardegna. Ma il telegramma è firmato dal Capo della Polizia Parlato, peccato! Io se quei due avessero sbagliato "me li sarei mangiati!",  perché il giorno del caso Moro non si sbaglia! Ma Cossiga quando diventa Presidente della Repubblica nomina entrambi Grandi Ufficiali al merito del Lavoro. Sbagli non ci sono ma ci sono volute certezze. All'Hotel "Excelsior" alle 11 Gelli incontra due uomini e dice <<Con il rapimento di Aldo Moro il più è fatto!>>. Gelli è il capo della P2 che a gennaio del '78 ha riunito i vertici delle forze armate a casa sua, villa Wanda ad Arezzo, e ha detto <<I fratelli americani vogliono che si interrompa il circuito politico Moro-Berlinguer, i comunisti non possono andare al Governo perché avrebbero accesso ai segreti NATO>>.  Anche i sovietici sono da'accordo, in quanto non vogliono i comunisti al Governo italiano, perché altrimenti verrebbe meno il mito del comunismo russo. Un partito comunista che va al governo senza i carri armati fa "cadere" l'Unione Sovietica.

Il 16 marzo '78 uno dei più autorevoli esponenti del PCI e uno dei più autorevoli esponenti della DC fanno due cose aberranti. L'esponente DC è Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio incaricato, il quale, prima di ricevere la fiducia del Parlamento dice <<Il Consiglio dei Ministri ha deciso che con le BR non si tratta>>; peccato che non esiste nessun verbale di tale decisione e Leonardo Sciascia, deputato radicale, dimostra che la comunicazione di Andreotti alla televisione è precedente  al giuramento e al voto di fiducia e quindi completamente falso. Ugo Pecchioli per il PCI ne fa una analoga. Occorre sapere che noi abbiamo sequestrato circa 3000 "cassette", che una volta si usavano per registrare, alla Fondazione Spadolini di Firenze, perché il Presidente Spadolini, persona di grande cultura, aveva l'abitudine che quando parlava al telefono con le persone, registrava le telefonate e conservava le cassette e quando non poteva registrare, dopo la telefonata, effettuava lui una dichiarazione su una cassetta e raccontava la telefonata.  Quindi ci sono cassette di tutti i tipi con le persone più svariate. Una di queste telefonate riguarda un colloquio Spadolini-Cossiga (il quale non sa che Spadolini registrava) nel quale discutono delle carte di Moro trovate a Via Monte Nevoso, turno B,  nel 1990; e Cossiga dice, e poi c'è una sua lettera dove dice le stesse cose, <<Io tutto quello che ho fatto per il caso Moro l'ho concordato con Ugo Pecchioli responsabile Interni del Partito Comunista, il quale, la mattina del 12 marzo, prima delle 12, mi ha comunicato che per loro, i Comunisti, Aldo Moro era morto in via Fani>> quindi noi abbiamo, prima delle 12  del 12 marzo, Il capo del governo che dice con quelli non si tratta e il responsabile del PCI per gli Interni che dice per noi Moro è morto in via Fani.

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